Ambito/Autore : Antonio Longo
Periodo storico: 19° secolo
Anno: datato 1820
Soggetto: Cristo crocifisso
Luogo di conservazione: Trento, convento di San Bernardino, Torricella
Materia e tecnica: olio su tela incollata su tavola, cm 37,5 x 26
Provenienza: Cavalese, convento di San Vigilio, biblioteca
Descrizione:
Oltre al monogramma del pittore, questa tavoletta reca un’interessante iscrizione che documenta il dono del Crocifisso, da parte del Longo stesso, a Carlo Melchiori, pochi mesi prima della morte.
La scritta a penna con la data 1973 documenta invece, con ogni probabilità, la provenienza e ciò spiega perché nessun inventario novecentesco la citi a Cavalese. Ci si chiede se l’acronimo “P. C. B.” non possa sciogliersi in “Proveniente Convento Borgo”, data la notevole diffusione dei dipinti del fiemmese in tutti o quasi i conventi francescani della Provincia di San Vigilio.
Nicolò Rasmo che lo pubblicò per primo nel 1984, classificò il dipinto tra quelli non databili. Effettivamente l’iscrizione individua il dono dell’artista, ormai presago della fine, e non l’esecuzione. Non si può nemmeno tacere, dando dunque ragione allo studioso, come questo Crocifisso superi per qualità pittorica e interpretativa le opere estreme del fiemmese. Sembra più opportuno darne una collocazione temporale in corrispondenza del rientro a Cavalese dopo il lungo soggiorno romano (1780-1798). Ecco dunque che l’artista, ancora fresco dell’esperienza capitolina, offre un saggio più che dignitoso delle sue possibilità espressive, interpretando con una certa scioltezza un modello che incontrò nel secondo Settecento grande fortuna. Si tratta del disegno di Cristo crocifisso vivente di Pompeo Batoni (Roma, collezione privata), mai tradotto in pala ma al centro di numerose e pronte rielaborazioni. Desta non poco interesse osservare che sullo stesso modello qui declinato si cimentò anche Ambrogio Rosmini nella pala della cappella di casa Rosmini a Rovereto (Ferrari 1987, pp. 162-166). Il dipinto di Longo è ulteriormente fedele al prototipo per la presenza di quattro chiodi, mentre si dimostra più autonomo nella più esuberante drappeggio del perizoma. Si tratta di caratteri che, uniti alla fresca tornitura delle membra distanziano questa piccola tavola dai più convenzionali e fiacchi crocifissi dipinti nei primi due decenni dell’Ottocento, molti dei quali vantati dai conventi francescani trentini.
Fonti: ACPFM, busta 244, Inventario 1960, p. 649, n. 8; SBC Giacomelli 1987/ OA/ 00054009.
Bibliografia: Antonio Longo pittore, p. 152; Andreatta 1990, pp. 240.