Ambito/Autore : Antonio Zeni (?) (Tesero, 1606-Castello di Fiemme, 1690)
Periodo storico: 17° secolo
Anno: 1666
Soggetto: Immacolata concezione e simboli delle litanie lauretane
Luogo di conservazione: Mezzolombardo, chiesa dell’Immacolata concezione, controfacciata
Materia e tecnica: olio su tela, cm 243 x 134,5
Descrizione:
L’opera è stata sottoposta a restauro nel 1990 (Gianmario Finadri).
La pala venne donata nel 1666 da Lodovico Vescovi di Mezzocorona, del quale appare lo stemma in basso a sinistra. Il Vescovi aveva già elargito due anni prima, i fondi per l’ancona lignea (o meglio cornice) intagliata con le effigi di santi francescani che Morizzo dice lavorata da Simone Ramus (cat. 85). Dall’assetto attuale, con il mastodontico altare classicheggiante del XIX secolo, non è ben percepibile la relazione tra la cornice lignea che aveva lo scopo di proteggere l’edicola cinquecentesca affrescata e la pala di coperta, appunto l’Immagine dell’Immacolata su tela. Come narra padre Ignazio Bampi, l’immagine affrescata “sta coperta col quadro dell’altare acomodato in modo, che si può alzare ad libitum per lasciarla vedere” (in Stenico 2001b, p. 84). L’iconografia del dipinto mariano è quella del tutto tipica nell’età della Controriforma, con la figura della Vergine sulla falce di luna, coronata di stelle, circonfusa dalla gloria ma isolata e tutt’intorno rappresentazioni simboliche tratte dall’Antico Testamento e in parte assimilate dalle Litanie lauretane; da sinistra: “vello di gedeone, “turris eburnea” (o “turris davidica”), “puteus acquarum viventium”, “speculum sine macula”, “scala cœli”, sole e luna, “domus aurea, “stella matutina” (o “stella maris”), “fons signatus” (o “fons hortorum”), “templum dei” (o “domus sapientiae”), “ianua coeli”. Solo nella porzione inferiore si scorge un paesaggio montuoso e un borgo, introdotti da balze erbose sulle quali insistono alberi e fiori che sono in realtà la prosecuzione delle figurazioni soprastanti: “cedrus in libano” congiunto ad “hortus conclusus”, “palma” a sinistra; “cypressus in monte”, “platanus exaltata”, “rosa mystica”, “lilium convalium” a destra. Quasi al centro si erge, tra le tipiche foglie carnose, una pianta di Solidago Virga aurea, o verga d’oro, la slanciata e gialla infiorescenza che qui simboleggia la verga fiorita di Giuseppe, lo sposo prescelto di Maria (con possibili attinenze veterotestamentarie alla verga di Aronne e all’Alleanza tra Dio e l’uomo sostanziatasi con Maria, madre del Salvatore). Come è già stato notato (Stenico), il dipinto ripropone in modo fedele l’Immacolata concezione di Martino Teofilo in San Bernardino a Trento; va peraltro osservato che si tratta di un’iconografia diffusa e ben cristallizzata nel Seicento, come palesa tra l’altro anche l’omonima pala nella chiesa di Sant’Antonio da Padova a Cles.
Il dipinto viene datato al XVIII secolo da Rasmo, tuttavia non vi è dubbio si tratti dell’opera donata nel 1666, come confermano appieno le emergenze stilistiche. Il trattamento luministico-chiaroscurale dei panneggi e le caratteristiche somatiche della Vergine sembrano coerenti alla personalità del fiemmese Antonio Zeni (si veda La pittura in Italia, Il Seicento, II, p. 924: E. Mich), del quale è possibile evocare, a titolo di confronto, San Michele arcangelo, Santa Lucia e Sant’Antonio da Padova nella parrocchiale di Vezzano, del 1663.
Fonti: Morizzo, I, p. 176; ACPFM, Inventario 1962-1963, n. 27; ACIC, Inventario 2008, n. 27.
Bibliografia: Molinari 1926, p. 304; Esposizione di pittura sacra, n. 48; Stenico 2001b, pp. 85, 486, fig. 26; Arte e persuasione, pp. 228-229, cat. 5.6 (S. Volcan).