Ambito/Autore : Giovanni Francesco Furlanello (Cavalese, 1649-1697)
Periodo storico: 17° secolo
Anno: 1670-1680
Soggetto: Salvator mundi, Madonna annunciata
Luogo di conservazione: Trento, convento di San Bernardino, Torricella
Materia e tecnica: olio su tela, cm 69 x 59,5 (ciascuno)
Provenienza: Cavalese, convento di San Vigilio, biblioteca
Descrizione:
Questi inediti dipinti mancano di qualsiasi ragguaglio storico-documentario. Sono stati sottoposti ad un attento restauro nel 1989 a cura di Emanuela Montagnoli Vertua (Brescia). Resta comunque evidente il notevole impoverimento della pellicola pittorica la cui sgranatura accentua, in particolare nel Salvator mundi, il tratto delicatissimo e quasi sfuggente del dipingere.
Le figure, a mezzobusto, animate da un intenso afflato spirituale, sono concepite come pendant non solo dal punto di vista formale – spiccano dall’una all’altra le corrispondenze cromatiche delle vesti rosate e del mantello blu – ma anche sul piano iconologico. La Vergine è atteggiata in profonda meditazione, le mani incrociate sul petto e il libro tenuto semiaperto dall’indice sinistro; è la meditazione sull’annuncio ricevuto dall’arcangelo Gabriele. L’Annunciata rappresenta l’incipit del disegno salvifico che si concretizza e si compie con il Salvator mundi. Il volto allungato di Cristo presenta gli stessi connotati della Vergine: i grandi occhi, il naso affilato e la piccola bocca carnosa. La destra benedicente, ribadita sul piano compositivo dalla grande piega sullo scollo della veste, individua una simmetria che il capo, lievemente reclinato a sinistra, attutisce e umanizza.
L’interpretazione figurativa è estremamente stilizzata, la morbidezza degli incarnati è coerente con l’impalpabile definizione dei capelli e della barba che si confondono con le ombre sul collo. Ma l’estremo tratto sfumato, prevalente nella figura del Salvatore, non deve trarci in inganno, essendo in gran parte imputabile allo stato conservativo ed infatti l’epidermide lustra sulla fronte e sulle mani della Madonna restituiscono un aspetto ben più aderente alla finitura originale, il tratto che consente di collegare gli enigmatici dipinti alle migliori prove artistiche di Francesco Furlanello. Anzitutto al gonfalone in San Nicolò a Predazzo (si veda Felicetti 2007), la cui morbidezza e la cui qualità, difforme da alcuni dipinti decisamente corrivi, postula forse una datazione molto precoce e una scarsa o nulla ricettività di Giuseppe Alberti. Le figure di San Nicola da Bari sul recto e di San Giacomo sul verso mostrano l’adozione degli stessi tipi somatici e la notevole morbidezza dell’incarnato rialzato da colpi di luce. In San Giacomo ricorre inoltre quel peculiare modo di restituire volume alle vesti con l’accentuata piega attorno alla scollatura. Questo vezzo è riproposto dall’Ultima cena del convento francescano (cat. 123) nella quale il canone figurativo di Cristo, seppur espresso in maniera ibridata, è lo stesso del Salvator mundi. Certo non mancano all’interno del catalogo di Francesco opere molto deludenti, in particolare i dipinti dell’ultimo decennio (le due affollate pale nella chiesa francescana di Cavalese, del 1693 o quella di Panchià, del 1695). Improvvisi rialzi si registrano invece nella gloria celeste della pala di Pinzano, lumeggiata nei modi di Domenico Zeni e Pietro Ricchi che Elvio Mich (2009, p. 368) colloca tra i lavori giovanili. Il gonfalone di Predazzo e i dipinti qui presentati potrebbero costituire una fase ancora intermedia tra il momento ‘lombardo’ e giovanile dell’artista e la tarda maturità, improntata ad un inarrestabile declino.
Fonti:
Bibliografia: inediti.