Ambito/Autore : Ambito fiemmese
Periodo storico: 18° secolo
Anno: 1700-1725
Soggetto: San Francesco di Paola
Luogo di conservazione: Trento, convento di San Bernardino, Torricella
Materia e tecnica: olio su tela, cm 80,5 x 66
Provenienza: Cavalese, convento di San Vigilio, biblioteca
Descrizione:
Gli inventari del XX secolo rubricano il dipinto nel coro della chiesa e lo ascrivono al Settecento. Mappata da una intensa crettatura, la tela reca i segni di un vecchio restauro, in particolare un vistoso rattoppo sul retro.
Questa intensa interpretazione del santo francescano, modulata su toni molto bassi, al limite del monocromo, si focalizza sull’eloquenza espressiva del volto. Il motto “Charitas” che rifulge dall’immancabile insegna non è mero vessillo retorico e si fa vero, quasi tangibile nelle sembianze trasfigurate del santo che implora Dio per i miseri e gli infermi; a questi è idealmente protesa la mano destra, sulla quale scivola la stessa luce intensa e ambrata.
L’unica menzione bibliografica spetta a padre Andreatta che annovera l’opera tra quelle prossime agli Unterperger ma “ancora non ben identificate e attribuite”. A dispetto della qualità, questo brano non possiede effettivamente i connotati di un maestro riconoscibile nell’immediato. Il tratto portante è una sorta di ‘piazzettismo’ di declinazione sudtirolese o meglio fiemmese che, discendendo tra l’altro dalle esperienze di Paul Troger, trova riscontri di massima nella prima attività di Michelangelo Unterperger. È un fatto che le sembianze e l’implorante connotazione emotiva del frate siano proprio quelle che Michelangelo attribuì allo stesso santo nella giovanile pala dell’Angelo custode a Stramentizzo, del 1724 ca (si veda Michelangelo Unterperger, pp. 16-17; p. 189, cat. 6). Ma la versione francescana è bruciante e tanto più intensa, prestandosi forse a costituire il modello cui ricorse il giovane fiemmese. È a questo punto interessante notare che il soggetto qui commentato si accomuna, come gentilmente mi comunica Elvio Mich, all’omonimo dipinto della collezione Degiampitro a Cavalese, una tela riferita da Chiara Felicetti ad Antonio Vincenzi (Felicetti 2008, s.p.). A prescindere dall’assegnazione della studiosa, va osservato che il brano francescano ha una propria autonomia stilistica, pur esibendo l’identità di modello. L’insieme di questi aspetti costituisce un’interessante articolazione figurativa ma consiglia indubbiamente di lasciare la questione aperta.
Fonti: ACPFM, busta 304, Inventario 1927, n. 19; busta 244, Inventario 1960, p. 653, n. 73; SBC Floris 1987/ OA/ 00053916.
Bibliografia: Andreatta 1990, p. 215.